Le mie consulenze comportamentali: un nuovo metodo da una grande esperienza

di Aldo la Spina

Sono consulente in rieducazione comportamentale del cane e formatore in questo campo. Insegno a risolvere quelli che vengono chiamati “problemi di comportamento” dei cani: ma preferisco non definirli così. Infatti quasi sempre si scopre che essi derivano da atteggiamenti e comportamenti sbagliati dei loro proprietari, o da altri problemi dell’ambiente in cui si trovano costretti a vivere i cani; così, in realtà, insegno a entrambi, cani e proprietari, a trovare una nuova e migliore forma di convivenza fra loro. Quando faccio le mie consulenze, i “proprietari” dei cani  arrivano a dire: “Ah! Ma allora, sono io che sbaglio! Ma allora, lei deve insegnare a me!”.

All’inizio tutti sono convinti che io vada lì a risolvere i problemi del cane; poi emerge che i problemi sono quelli della relazione fra gli umani e il cane. Da qui inizia il vero lavoro di “consulenza comportamentale”, che sarebbe meglio definire “familiare”. Quando il proprietario si rende conto di questo, scatta la fiducia reciproca e da qui  prende il via il vero lavoro.

La mia esperienza è unica, molto particolare. Per un insieme di circostanze sono stato un pioniere e un innovatore. Iniziai come addestratore e volontario nella protezione civile, dove sperimentai situazioni particolarissime e di grande coinvolgimento emotivo con il mio cane, ad esempio il salvataggio in casi di terremoto.

Negli anni, ho introdotto novità nella cinofilia e diffuso per primo in Italia alcuni concetti e studi, alcune discipline e pratiche nuovissime per il nostro Paese (il metodo gentile per l’educazione del cane, la piscina per cani per la fisioterapia e la riabilitazione e per il divertimento e la socializzazione, l’utilizzo di metodi di medicina naturale per i cani quali shiatsu, fiori di Bach e agopuntura). Ho contribuito all’affermazione di nuovi e promettenti approcci ai rapporti con gli animali, approcci che oggi vanno per la maggiore, fra cui soprattutto la zooantropologia, che studia la natura e l’evoluzione dei rapporti fra gli esseri umani e gli altri animali.

Ho “allevato” molti operatori di questa nuova cinofilia moderna: oggi diversi di loro svolgono un ottimo lavoro dopo essersi “fatti le ossa” con me. Questo loro successo mi rende molto contento ed è una delle mie più grandi soddisfazioni: quello che ho intuito e condiviso si sta diffondendo.

Ho lavorato moltissimo “sul campo”. All’inizio ero un “istruttore da marciapiede”:andavo dove vivevano i cani e i loro proprietari, era lì che si doveva stare per risolvere i problemi. Però ho sempre lavorato in collaborazione con i medici veterinari, con studiosi ed esperti; negli ultimi anni, poi, ho messo in piedi strutture per la salute del cane e per la formazione dei proprietari e dei professionisti. Ho scritto su riviste, sono stato interpellato per anni da trasmissioni televisive in cui ho svolto il ruolo dell’”esperto in diretta”; oggi collaboro con siti, istituti di formazione e università presso cui insegno.

Dopo anni di studio e sperimentazione sul campo, ho elaborato un nuovo metodo che presento per la prima volta in questo che è il primo libro. È un metodo originale, collaudato anche se relativamente nuovo, che ha l’obiettivo di recuperare e migliorare la relazione con il nostro cane. È il metodo che ho chiamato Apprendimento emozionale.

Il metodo di apprendimento emozionale è un passo avanti anche rispetto al metodo di educazione “gentile”, che pure fui il primo a introdurre in Italia, il quale esclude punizioni, coercizione o costrizioni fisiche e premia i comportamenti positivi. Infatti anche il metodo gentile, basato su un approccio “positivo”, rischia di restare una tecnica limitata all’utilizzo di bocconcini e giochi o scatolette magiche (vedi il mitico “clicker”) dati come premio o rinforzo. Se resta solo questo, anche una tecnica positiva come il metodo gentile serve solo a sciacquarsi la coscienza (“non faccio male al cane”!) ma non risolve i problemi reali della convivenza fra uomo e cane. Resta su un piano ancora superficiale, non va a fondo della questione. Che è questa: non basta premiare o punire il cane. Non basta dargli il cibo o giocare con lui quando si comporta bene. Il cane non è un robot che risponde in modo meccanico. Prova emozioni e sentimenti.

Bisogna far sì che cane e proprietario si conoscano in modo profondo, entrino in una relazione, che comprendano ciò che provano l’uno per l’altro. Bisogna che il cane, quando riceve un bocconcino, senta che tu sei contento di darglielo, senta la tua gioia di stare con lui. La gioia del cane di stare con te la devi riconoscere non solo da segnali esteriori come l’eccitazione, lo sguardo o lo scodinzolare ma la devi percepire a un livello più profondo.

Occorre dare al cane il meglio di noi, perché ci dia il suo meglio. Il cane è un animale intelligente ed emotivamente complesso, vive con noi e ci aiuta a migliorare la nostra vita; noi dobbiamo comprenderlo e accettarlo fino in fondo se vogliamo evolvere ancora insieme come facciamo da oltre 12.000 anni. Se siamo uomini, invece che cavernicoli con la clava, lo dobbiamo anche al fatto che viviamo con il cane, che ci ha aiutato in mille modi. Come noi abbiamo portato il cane a non essere più lupo o sciacallo.

Spesso i colleghi mi chiedono quale metodo uso nell’educazione del cane, se il cibo o la pallina e io rispondo: «la relazione».

Allora loro ribattono: «Ah, la carezza!». «Beh, non proprio» replico, evitando sempre di fare una lezione estemporanea non richiesta. Come si può pensare di costruire una relazione diventando una specie di dispenser di carezze, di cibo o di palline? Proprietari egoisti che dispensano coccole tutto il giorno ai loro cani per compensare la solitudine e la mancanza di affetto nella loro vita; cani saturi che rigurgitano pezzi di wurstel o chiedono meccanicamente la pallina come tossicodipendenti per mancanza di una comunicazione vera; cani sempre chiusi in recinti o al guinzaglio, strattonati quando incontrano altri cani, privati della libertà di muoversi… Questi cani non stanno bene! E neanche i loro proprietari, che così non possono godere di un rapporto vero con il loro cane.

Per “sentire” davvero il proprio cane e costruire con lui un vero rapporto, la via migliore è quella emotiva. L’emozione è la forza che ci unisce più direttamente al cane, quella che lui riconosce meglio e che noi stessi viviamo più intensamente, al di là di quello che possiamo credere o pensare.

La vera risposta alla domanda su quale metodo uso nella relazione con il cane è dunque: «io seguo le emozioni!». Il mio metodo è quello di fargli sentire la mia emozione: indurla in loro affinché imparino. Rinforzare con l’emozione un messaggio che voglio fargli arrivare, invece che con uno strattone o un click o anche un bocconcino o una lode. Allo stesso tempo, il mio metodo è quello di sentire le loro emozioni per imparare a conoscerli meglio. È un metodo che desidero diffondere e condividere con gioia perché sto verificando che è benefico, positivo, efficace.